IL GIUDICE DI PACE Esaminata la richiesta del Pubblico ministero volta a provocare la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per veder riconosciuta l'illegittimita' delle norme di cui agli articoli 71 e 159, comma 1 c.p., in combinato disposto, nella parte in cui, il suddetto combinato disposto, prevede che i processi penali siano sospesi e consequenzialmente la correlativa sospensione dei processi penali in trattazione anche nelle ipotesi in cui venga acclarata dal perito officioso lo status d'incapacita' dell'imputato avente carattere irreversibile, sicche' il medesimo imputato non e' posto in condizione di partecipare coscientemente al processo in corso. Ritenuto che ricorrano i presupposti previsti dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare che la sollevata eccezione d'illegittimita' costituzionale appaia non manifestamente infondata, in quanto: innanzi tutto, l'art. 24 Cost., comma 2 prevede che: «la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento», laddove la norma costituzionale non pone alcuna distinzione tra processi civili, penali ed amministrativi e segnatamente, in relazione proprio ai processi penali, stante la pretesa punitiva nei confronti degli imputati e le gravi conseguenze che possono scaturire nei confronti dei medesimi ove sia pronunciata, dal giudice penale, una sentenza di condanna, cio' dovendosi leggere la norma costituzionale de qua alla luce della ratio che chiaramente ispiro' il legislatore costituzionale, ossia che, al di la' della difesa tecnica nei tre gradi di giudizio, l'imputato sia consapevole «di, tutto quanto accade» nel processo penale incardinato nei suoi confronti, al fine di potersi effettivamente difendere personalmente , il che implica anche, di necessita', che questi sia effettivamente in grado di operare scelte processuali, anche concordando la linea difensiva col proprio difensore, non esclusa la facolta' di sostituirlo in estrinsecazione, appunto, del diritto costituzionale di difesa a lui riconosciuto. Tale assunto non prescinde dalla tutela degli imputati che versino in uno status di temporanea incapacita', cio' alla luce della lettura dell'art. 71 c.p.p., laddove la norma in esame stabilisce, la sospensione del processo, laddove il giudice non debba pronunciare una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. Tuttavia, a parere dello scrivente giudicante, l'art. 71 c.p.p. detta un'effettiva tutela del diritto di cui all'art. 24 Cost. nei confronti di quegli imputati i quali versino in condizioni d'incapacita' temporanea, atteso che dalla pronuncia dell'ordinanza giudiziale di sospensione del processo penale discendono accertamenti medici delle condizioni di salute del presunto reo, di tal che il sospeso processo potra' riprendere il suo corso appena l'imputato sia guarito, ed il medesimo e' legislativamente garantito dall'art. 159 c.p. , laddove e' prevista la sospensione della prescrizione. In altri termini si ritiene di ragionare quando l'imputato sia ritenuto, dal perito, in condizioni d'incapacita' irreversibili: in tali fattispecie, infatti, e' ravvisabile una lesione dei diritto costituzionale alla difesa: giacche', una sospensione del procedimento penale sine die, con correlativa sospensione della prescrizione, rende l'imputato, in realta', a guisa di un «eterno giudicabile», con tutte e conseguenze del caso, ossia che qualora mai guarisse, a distanza magari di molto tempo, commisurabile chiaramente in anni, egli non potrebbe piu' difendersi in maniera pregnante, come la Carta costituzionale stessa impone in re ipsa. Sotto altro profilo, le norme di cui si chiede pronuncia alla Corte costituzionale appaiono, altresi', contrastanti con l'art. 3 Cost.: invero quando la malattia dell'imputato appare accertata clinicamente come definitiva ed irreversibile, l'imputato «eterno giudicabile», versa in posizione giuridica diversa da quella di diversi imputati nei confronti dei quali il processo penale potra' «riprendere» in tempi ragionevoli, in ipotesi inverse di incapacita' temporanea, poiche', in quest'ultime fattispecie gli «altri imputati non irreversibili» potranno, cessata la causa d'infermita', partecipare nuovamente al processo nella condizione di esplicitare e di far valere tutti diritti garantistici riconosciuti dalla legge in loro favore, mentre gli «eterni giudicabili», posti «nel Limbo», potrebbero, viceversa, non potere piu' partecipare alla celebrazione del processo ed anche prendere, oltre alle tutele difensive, segnatamente il diritto di vedere riconosciuta la propria innocenza, ergo potrebbero facilmente ravvisare un procrastinamento fino al giorno della loro morte, senza aver potuto avvalersi delle guarentige de quiibus; dunque, sotto questo profilo, puo' ravvisarsi un contrasto con l'art. 3 Cost. (principio d'uguaglianza). Si deve inoltre sottoporre al vaglio della Corte costituzionale come le norme evidenziate possono essere contrastanti con l'art. 111 Cost., in seguito alla novella ex legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, tramite l'inserimento dei principi (costituzionali anch'essi) del giusto processo: processi penali celebrati nei confronti d'imputati c.d., «eterni giudicabili» vanno ad incidere sul buon andamento della giustizia, anche relativamente alle spese afferenti la protrazione di periodiche perizie a tempo indeterminato ed indeterminabile, sia sui diritti dell'imputato di ottenere pronuncia in ragionevoli tempi, come componente del diritto ad un equo processo (art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle sue liberta' fondamentali). Ritenuto , inoltre, che la sollevata eccezione d'incostituzionalita' abbia rilevanza per la decisione finale, non potendo tale decisione rimanere, in alcun modo, «avulsa» nel complesso del thema decidendum: invero l'imputazione riguarda i reati pp. e pp. dagli articoli 594 e 612 c.p., per fatti i commessi negli anni 2001 e 2003; fatti per i quali, in applicazione delle norme che si chiede siano sottoposte a giudizio di legittimita' costituzionale, non e' ad oggi ancora stata pronunciata sentenza. Nello specifico, dall'anno 2008 l'imputato e' stato sottoposto a perizie medico-legali all'esito delle quali e' emersa l'incapacita' del medesimo causa patologie degenerative irreversibili, sostanziantesi in disturbo depressivo maggiore con componente psicotica in deterioramento cognitivo da vascopatia cerebrale cronica: tale diagnosi del perito d'ufficio non ha consentito all'imputato di partecipare al processo, che e' stato sospeso con consequenziale sospensione, ex lege, della prescrizione. Del resto tale patologia non consente all'imputato di interagire, per coltivare i propri diritti difensivi, tramite l'ausilio d'un interprete; occorrendo poi evidenziare che dalla prognosi espressa quanto alla durata e alla reversibilita' della malattia mentale, in correlazione alle nozioni scientifiche attuali, la prognosi di cui si discute sembra non contestabile in alcun a maniera, considerato che da ben cinque anni le condizioni patologiche dell'imputato non hanno subito alcun miglioramento, con la conseguenza riflessa in questo giudizio di un'imprescrittibilita' dei reati di cui al capo d'imputazione, con necessita' di diritto, stanti le norme che si sottopongono all'attenzione del Giudice delle leggi, del perpetrarsi dell'imputazione di una persona la quale non e' in grado di partecipare coscientemente al processo in essere nei suoi confronti e, soprattutto, puo' correre rischi di peggioramenti della riscontrata patologia a cagione del perdurare di questo processo penale (rilievi dott.ssa Giardinelli).